malattia_del_buco_acquari

"La cosidetta malattia del buco si manifesta in forma letale in acquari mal gestiti dove la sporcizia è permanente(Nitrati)."

Dieter Untergasser: Malattie non provocate da agenti patogeni. Cap 9.

Le malattie fin qui trattate vengono tutte provocate da agenti patogeni. Esiste, comunque, una serie di alterazioni patologiche dovute a fattori ambientali (ad esempio intossicazione) oppure di natura ereditaria. Nel caso di danni provocati dall’ambiente, la normalizzazione subentra quando è stata eliminatala causa e se il periodo d’azione non è durato troppo a lungo. In genere è molto difficile scoprire la causa. Questo vale, in particolare, per casi di alimentazione errata e carenza di vitamine, in cui gli effetti si manifestano solo dopo un tempo abbastanza lungo. Talvolta i fenomeni di carenza si notano soltanto per via dell’aumento di certi parassiti perché le capacità di difesa dei pesci sono debilitate. L’eliminazione del fattore scatenante spesso porta ad un miglioramento solo dopo un certo periodo.
9.1. Malattie tumorali
I tumori si formano per divisione incontrollata delle cellule del corpo. Queste proliferazioni sono neoformazioni di tessuti che, in sé, sono isolate ma che vengono alimentate dal corpo. Esistono le più disparate cause per il formarsi si una proliferazione. Solitamente si tratta di sostanze chimiche cosiddette cancerogene, che stimolano singole cellule ad una crescita e a divisioni incontrollate. Inoltre, la predisposizione alla formazione di tumori può essere ereditata oppure provocata da disfunzioni ormonali. Si distinguono, poi, tumori benigni e maligni. Quelli benigni crescono lentamente, spostano solo il tessuto attiguo e non formano metastasi. I tumori maligni crescono rapidamente e distruggono il tessuto vicino. Il flusso sanguigno trasporta delle cellule in altre regioni dell’organismo, dove formano delle metastasi (tumori secondari). Alcuni tumori si formano anche per azione di virus oppure aflatossine. Generalmente io tumori non sono molto frequenti nei peci d’acquario. Anche i tumori tiroidei possono essere benigni o maligni. Nello stadio iniziale si riconoscono dal fatto che un opercolo branchiale resta alzato quando il pesce respira tranquillamente. Se la proliferazione tessutale è dovuta a carenza di iodio (gozzo), si può ottenere una guarigione aggiungendo dello iodio all’acqua dell’acquario (metodo C 10). Proliferazioni maligne (carcinoma tiroideo) inizieranno presto a riformarsi se non si è provveduto ad asportare tutto il tessuto malato. Spesso in questa regione del corpo si sviluppano delle metastasi, talvolta anche in parti del corpo più lontane. Un trattamento non è possibile.Melanomi e melanosarcomi sono tumori che si formano da cellule pigmentali. La comparsa in specie vivipare spesso è dovuta a fattori genetici e si può provocare in modo mirato tramite ibridazione. I lipomi si sviluppano da cellule adipose. Essi si formao nel tessuto adiposo e possono raggiungere dimensioni considerevoli. Questi tumori benigni sono solidi e possono essere prelevati come massa compatta dal tessuto circostante. Nel preparato per schiacciamento di un frammento di questo tipo di tumore, dal tessuto fuoriesce spesso grasso liquido sotto forma di piccole sferette. Le cisti si formano attorno a corpi estranei e incapsulandosi si isolano dal tessuto corporeo. Anche dei parassiti possono essere racchiusi in cisti. Non è raro che setole dure di vari organismi nutritivi, se penetrate nella parete intestinale, vengano incapsulate dal corpo in una cisti. I cistomi sono cisti che si sviluppano dagli organi dei pesci senza che vi siano corpi estranei a provocarle. Generalmente è colpita la cistifellea, il rene oppure la vescica natatoria. I cistomi raggiungono dimensioni noteoli e sono riempiti di un liquido torbido. Dall’esterno è possibile una confusione con l’idropisia. Un trattamento di questi tumori non è possibile. I pesci colpiti sono da uccidere. In caso di comparse abbastanza frequenti di tumori, si dovrà controllare se nell’acqua si trovano sostanze cancerogene.
9.2. Malformazioni
A volte nella riproduzione di pesci d’acquario si osservano delle malformazioni. Siccome possono essere di natura genetica, questi pesci non devono essere utilizzati per ulteriori riproduzioni. Quando le malformazioni compaiono più di frequente, si devono controllare i valori chimici dell’acqua e verificare se vi è carenza di vitamine. Malformazioni delle pinne possono essere ricondotte a carenza di ossigeno, valore di ph errato oppure carenza di vitamine. Opercoli branchiali raccorciati sono la conseguenza di carenza di vitamine e di calcio durante la fase di crescita. Un rimedio è la vitaminizzazione con C27 del mangime seguendo il metodo B 475. I fratelli siamesi, in cui un animale è attaccato spesso all’addome dell’altro sotto forma di ammasso, si sviluppano in caso di danneggiamento dell’uovo. Altre anomalie sono la formazione di organismi interni doppi, anomalie nella colorazione, malformazioni delle squame, deformazioni scheletriche in caso di carenza di vitamine, occhi di diversa grandezza e linee laterali spostate.
9.3. Alimentazione errata
Ancora oggi troppo spesso viene sottovalutata l’importanza di un’alimentazione equilibrata per la salute dei pesci. Un’alimentazione uniforme in casi estremi porta a manifestazioni di carenza o, come minimo, ad una diminuzione delle capacità di difesa contro le malattie. Inoltre, alcune vitamine aggiunte al cibo possono essere assorbite soltanto se nel contempo sono presenti dei grassi. Altrimenti l’organismo non è in grado di assumere le vitamine e le espelle con le feci. E’ importante sapere che il cuore di un bue non può essere l’unico alimento. Dev’essere sempre frammisto a sostanze vegetali e va arricchito ogni tanto con vitamine. La preparazione di mangime vitaminizzato è descritta con il metodo B 4/5. E’ ottimale un’alimentazione varia, offerta più volte al giorno e costituita da cibo vivo fresco o surgelato. Gli acquariofili che ora pensano di dover dare quotidianamente dosi elevate di vitamine tengano presente che anche il troppo stroppia. Infatti pure il costante sovraddosaggio di vitamine può portare a gravi affezioni. Il cibo vitaminizzato secondo il metodo B 4 non andrebbe somministrato più di due volte alla settimana. E’ preoccupante il fatto che oltre due terzi dei pesci malati esaminati negli ultimi anni presentavano un’intensa degenerazione grassa del fegato e della cavità addominale. La degenerazione grassa provoca disturbi fino alla perdita della funzione epatica. Ne consegue spesso una tubercolosi nel fegato, nella milza e nell’intestino. Inoltre, si può avere un quadro clinico simile all’idropisia, a causa della riproduzione di varie specie batteriche nel fegato, nella milza, nel rene e nella cavità addominale. Anche altri parassiti possono riprodursi più abbondantemente, poiché le capacità di difesa del pesce sono diminuite. Le cause di una degenerazione grassa del fegato dovuta all’alimentazione sono un cibo troppo ricco di carboidrati e di grassi, nonché la mancanza di colina e vitamine. Un’alimentazione unilaterale con cibo facilmente digeribile e carenza di vitamine provoca infiammazioni dello stomaco e dell’intestino. E’ pericoloso anche il cibo avariato. Il cibo secco (se non correttamente conservato) dopo 2-6 mesi dall’apertura del barattolo è privo di valore ai fini dell’alimentazione. L’umidità nell’aria decompone le vitamine ed offre condizioni vitali per batteri ei funghi. In nessun caso si deve somministrare cibo secco ammuffito: le aflatossine in esso contenute sono altamente tossiche. 5 mg di aflatossina su 1 kg di pesce comporta la morte nel giro di pochi giorni: il fegato ingiallisce e si decompone (necrosi). Una concentrazione minore del veleno provoca cancro al fegato. Quindi è più sensato acquistare il cibo secco in un barattolo il cui contenuto sarà consumato nel giro di 6 settimane. Anche la Malattia del buco dei Ciclidi, secondo le esperienze degli ultimi anni, sembra essere una malattia da carenza che può avere due cause. Finora è stata sempre attribuita al flagellato Hexamita come agente patogeno, nei Discus al flagellato Spironucleus. Ora, più volte si sono esaminati Ciclidi con buchi nella regione della testa il cui intestino era privo di flagellati. I flagellati rinvenuti nei buchi spesso appartenevano ad altre specie e non erano parassitari, ma vivono normalmente nell’acqua dell’acquario. In caso di comparsa concomitante di Malattia del buco e flagellati, talvolta dopo aver combattuto con successo i flagellati non raggiungeva alcun miglioramento della Malattia del buco. Al contrario si riuscì a far scomparire i buchi nella testa dei pesci anche in caso di presenza di flagellati, aggiungendo dell’Osspulvit (un preparato a base di calcio e vitamine). Queste constatazioni permettono di concludere che la comparsa nella testa e nelle pinne è una manifestazione di carenza, provocata da quantità troppo scarse nel cibo di calcio e fosforo, nonché di vitamina D. In caso di alimentazione unilaterale queste sostanze mancano nel mangime. Altre volte vengono prelevate al chimo nell’intestino per via di un massiccio attacco di flagellati. L’aggiunta di polvere vitaminica al mangime secondo il metodo B 4 previene l’insorgere della Malattia del buco. Infiammazioni nello stomaco e nell’intestino compaiono in caso di somministrazione di cibo avariato, carenza di vitamine od offrendo esclusivamente carne di mammifero (cuore di bue). Detti sintomi possono essere provocati anche dalla somministrazione di cibo facilmente digeribile (Enchitrei) con elevato valore nutritivo, nonché da un’alimentazione unilaterale con carboidrati, grassi o proteine. In un caso, per due mesi fu somministrato in un acquario con Discus, per mancanza di tempo, esclusivamente cuore di bue senza aggiunte. Questo causò a quattro su sedici Discus delle infiammazioni nell’intestino. Di conseguenza si formò un’occlusione intestinale, con l’intestino largo 2 cm su una lunghezza di 4 cm e riempito di chimo semidigerito. Gli animali morirono con l’addome molto rigonfio. Un altro esemplare si riprese dopo un aumento della temperatura a 33 °C e la somministrazione di Osspulvit e spinaci. Anche qui già si notava un evidente rigonfiamento dell’addome. Pure un cibo surgelato non totalmente scongelato può provocare infiammazioni intestinali.
9.4. Ferite
A volte sono gli stessi pesci d’acquario a procurarsi abrasioni cutanee, ferite da punta e da taglio durante una rapida fuga dopo essersi spaventati. In caso di lotte tra i rivali, non di rado viene gravemente ferita la mucosa del pesce sottomesso. Agenti patogeni penetranti causano infezioni; sulla lesione si nota allora un’infiammazione o addirittura una micosi. I pesci feriti devono subito essere trasferiti in una vasca di quarantena. Il trattamento avviene secondo il metodo C 12, C 17d, C 1, A 4 o C 23.
9.5. Malattie causate da fattori chimici
La carenza di ossigeno può comparire in acquario per vari motivi. Sovralimentazione, elevata densità di popolazione, cattiva aereazione , filtro sporco o materiale di fondo pieno di fango possono esserne la causa, poiché i processi di decomposizione consumano parecchio ossigeno. Ripetute carenze di ossigeno possono provocare ai pesci giovani delle malformazioni. In caso di carenza di ossigeno, i pesci stazionano sotto la superficie dell’acqua respirando affannosamente. Pesci morti giacciono nella vasca con bocca spalancata e opercoli branchiali alzati; le branchie sono pallide. Se i pesci mostrano sintomi di carenza di ossigeno, è sbagliato aumentare di molto l’aereazione. Il fango presente viene alzato per via del movimento dell’acqua e ne consegue un maggiore consumo di ossigeno. Perciò si regola l’aereazione in modo che non venga sollevato del fango e si aggiunge all’acqua del perossido di idrogeno (metodo C 29). Se in questo modo non si giunge ad un miglioramento nel giro di pochi minuti, i pesci soffrono di una malattia delle branchie.
9.5.2. Malattie da acqua acida o alcalina
La maggior parte dei nostri pesci d’acquario è adattata ad un valore di Ph stabile intorno a 7; a seconda della specie il valore ideale si trova tra 6 e 8. Se il valore di pH scende costantemente sotto 5,3, i pesci iniziano a respirare più rapidamente, guizzano a scatti nell’acquario e boccheggiano alla superficie dell’acqua. Alcune specie tropicali provengono da fiumi con acqua estremamente pra, contenente molti acidi umici disciolti. Questi pesci vivono a valori di pH assai più bassi. Se il valore di pH è stabile e leggermente basso, compaiono parine marroni e secrezione di muco sulle branchie, nonché aree opache biancastre sulla pelle. La Malattia da acqua alcalina insorge quando il valore di pH è di molto superiore a 8. I pesci reagiscono con intorbidamenti biancastri sulla pelle e sfilacciamenti delle pinne. Più tardi compaiono causticazioni su pelle e branchie. Sono possibili anche intossicazioni da ammoniaca.
9.5.3. Avvelenamenti
L’ammoniaca (NH3) è un potente veleno per tuttii pesci. Ad un valore di pH inferiore a 7 è presente come ammonio (NH4+), sostanza atossica. Questo è il prodotto finale di tutti i processi organici di decomposizione. In acquario tutti gli escrementi, i resti di cibo e parti morte di piante vengono alla fine decomposti in ammonio da microrganismi viventi in un filtro attivo e da quelli nell’acqua. L’ammonio però non si accumula, poiché viene immediatamente ossidato dai batteri prima in nitriti poi in nitrati. Solo un aumento del valore di pH (causato, per esempio, da una carenza di CO2 provocata dalle piante in caso di illuminazione molto intensa) comporta la formazione del veleno ammoniaca. Quando viene superato il valore neutro, l’ammonio non si trasforma subito in ammoniaca, ma, a seconda della temperatura, è presente in una determinata percentuale per ogni valore di pH. Così, ad esempio, con un contenuto di ammonio di 3 mg/l, a 25 °C è presente una quantità pericolosa di ammoniacagià ad un valore di pH leggermente superiore a 7. Anche quantità abbastanza ridotte di questo veleno determinano uno stress considerevole per i pesci. Un acquario con una popolazione equilibrata ed un filtro ben maturato praticamente non presenta alcun rischio, poiché l’ammonio viene trasformato dai batteri e quindi il suo contenuto è cos’ basso da non poter essere misurato. Se si superano i 0,1 mg/l di ammoniaca, gli avvelenamenti da ammoniaca si manifestano con danni alla mucosa ed ai nervi. Inoltre, compaiono emorragie dapprima alle branchie, quindi anche sull’epidermide e sugli organ interni. Secondo studi più recenti, nei Caracoidei cisi può aspettare dei danni quando per periodi prolungati il contenuto di ammoniaca è di 0.01 mg/l (BOHL 1982). Un rimedio rapido consiste nella diminuzione dle valore di pH sotto 7. Reagenti di misurazione per ammonio/ammoniaca sono disponibili nei negozi specializzati. Per i motivi sopra indicati, il loro uso ha senso solamente in combinazione con una misurazione del vlore di pH. I nitriti e nitrati sono i prodotti di ossidazione dell’ammoniaca. Essi si formano in conseguenza di un elevato contenuto di ammonio dopo n forte inquinamento organico dell’acqua (ad eswempio, per via di un sovraddosaggio di mangime). Se nell’acqua si accumulano dei nitriti senza poi essere ossidati in nitrati, nei pesci si manifestano degli avvelenamenti che possono condurre alla morte. Essi diventano apatici e muoiono improvvisamente, con la colorazione perfetta. A volte la comparsa di nitriti è correlata alla carenza di ossigeno. I nitrati non cosno così tossici e vengono tollerati a dosi assai maggiori. Per evitare un accumulo, vanno eliminati dall’acquario tramite regolari cambi dell’acqua opppure con un filtro di nitrati. Un valore di nitriti troppo elevato può essere diminuito solo mediante ripetuti cambi dell’acqua. Per i pesci i nitriti sono pericolosi se superano una concentrazione di 0,1 mg/l in acqua a valori di oltre 100 mg/l. Se capita che la pompa del filtro cessi di funzionare, nel recipiente chiuso del filtro ben presto si verifica una carenza di ossigeno e gli organismi del filtro, di solito costantemente circondati da acqua ricca di ossigeno, muoiono. Si forma una brodaglia maleodorante in cui si svolgono processi anaerobivi e di producono anche quantità abbastanza elevate di nitriti. Quando la pompa ricomincia a funzionare, l’acqua arricchita di sostanze tossiche viene portata in acquario. In breve tempo nei pesci si manifestano sintomi di avvelenamento che possono portare alla morte. Per un filtro non ancora troppo sporco, si può accettare indicativamente un periodo di funzionamento di un’ora. Se l’interruzione dura più a lungo, il filtro deve essere riavviato solo dopo un’accurata pulizia del materiale di filtraggio. L’anidride carbonica si discioglie in acqua più facilmente dell’ossigeno. Perciò, in acquari fertilizzati con CO 2 è possibile un pericoloso accumulo se la somministrazione non funziona correttamente. E’ anche del tutto inutile aggiungere del CO2 di notte, dato che le piante non lo consumano. In mancanza di assimilazione non viene prodotto ossigeno, il CO2 si accumula. Stando alle esperienze fatte finora, i valori limite oscillano a seconda delle specie di pesci allevate; in ogni caso fino a 50 mg/l circa sembra che non esista pericolo. A seconda dell’esigenza di ossigeno, i pesci reagiscono con respirazione affannosa, frequenza respiratoria molto aumentata, nuoto agitato per tutta la vasca, barcollamento, posizione obliqua o laterale sul fondo, perdita dei riflessi, paralisi respiratoria e morte. Una forte aereazione elimina l’eccedenza di CO2 solo lentamente. E’ meglio cambiare parte dell’acqua. L’acido solforico si forma durante processi di putrefazione nel materiale di fondo in caso di carenza di ossigeno. Questo acido si riconosce per il suo odore di uova marce. L’acido solforico consuma l’ossigeno libero nell’acqua, sicché compaiono manifestazioni di asfissia ed avvelenamento. Le branchie assumono un colore rosso-viola, si formano emorragie. Anche sostanze chimiche che giungono in acquario dall’esternopossono provocare avvelenamenti. Per evitare una moria di pesci, si deve fare attenzione che nell’acquario non arrivino vapori di solventi per vernici, insetticidi o gas di caldaie ad olio e di forni. Ma anche radici, pietre, materiali sintetici e oggetti decorativi colorati possono cedere sostanze tossiche all’acqua. L’acqua di rubinetto contenente cloro deve venir spruzzata in un recipiente con getto potente oppure attraverso l’uscita della doccia, in modo che il cloro possa evaporare. Lo stesso effetto si ottiene lasciando l’acqua in un recipiente aperto per 24 ore. Solo a quel punto è utilizzabile per l’acquario. Un avvelenamento da cloro si manifesta dapprima con movimenti tremolanti e branchie pallide, più tardi pesci diventano fiacchi e cessano di respirare. Inoltre possono comparire degli avvelenamenti se si utilizzano in modo errato dei medicinali. I pesci sbiadiscono, si nascondono, sono timidi e guizzano come impazziti per l’acquario. All’insorgere di questi sintomi dopo l’aggiunta di un medicinale, si deve immediatamente cambiare una quantità abbastanza cospicua di acqua. Siccome i medicinali vengono tollerati in misura differente a seconda delle specie ittica con la tollerabilità di un curativo. Si osservi con scrupolo il dosaggio suggerito. Gli avvelenamenti da rame compaiono in caso di trattamenti con solfato di rame quando la durezza totale dell’acqua prelevata da tubature in rame; questa va prima fatta scorrere per un po’. Anche gli alghicidi contengono rame e non vanno sovraddosati. Come contromisura si può consigliare soltanto un rapido cambio dell’acqua. Pure la fertilizzazione con ferro e l’impiego di filo di piombo per le piante possono comportare intossicazioni. Pare che la continua aggiunta di Fetrilon (un fertilizzante a base di ferro) provochi danni al fegato. Ma ciò non è stato ancora dimostrato sperimentalmente.
9.6. Malattia da gas
Analogamente a quanto accade ai subacquei che risalgono troppo rapidamente, nei pesci si formano delle bollicine di gas nelle pinne e nella pelle in caso di improvvisa riduzione della pressione gassosa. Le vescichette si riconoscono bene ad acchio nudo. Passandovi sopra il dito, la pelle crepita lievemente. In casi estremi la formazione di bollicine nel sangue provoca la morte (embolia gassosa). Una diminuzione della pressione gassosa può avvenire a causa di un massiccio cambio dell’acqua, improvviso abbassamento della temperatura e dopo irradiazione solare quando è presente una folta vegetazione. Le bollicine di gas si possono formare anche quando i pesci, dopo un trasferimento, vengono posti in acquario senza che l’acqua di trasporto venga lentamente sostituita con quella dell’acquario. In un acquario con il giusto equilibrio gassoso la Malattia da gas non può comparire.
9.7. Danni da sbalzi di temperatura
Infine, in questo capitolo si vuole ancora trattare la temperatura come possibile causa di malattie. La temperatura dell’acqua rappresenta per i pesci uno dei fattori ambientali più importanti. E’ quindi necessario rispettare con la maggior precisione possibile la temperatura di allevamento indicata nella letteratura. Le specie la cui temperatura ottimale differisce di oltre 4 °C non vanno tenute assieme. La digestione e la funzione degli organi interni dipendono direttamente dalla temperatura dell’acqua. Perciç improvvisi sbalzi di temperatura hanno un effetto molto negativo su tutto l’organismo. L’errore più grave che l’acquariofilo possa commettere è quello di versare i pesci dal sacchetto di trasporto subito in acquario, senza averli prima climatati alla temperatura nella vasca. Gli improvvisi aumenti di temperatura hanno lo stesso effetto negativo di un brusco abbassamento. L’adattamentodi un pesce alla temperatura deve avvenire lentamente e non superare circa 1 °C all’ora. Variazioni di temperatura devono essere provocate soltanto quando, per trattare una malattia, si vuole sostenere la terapia. Anche in questo caso il cambio di temperatura non dev’essere più rapido di 1 °C all’ora. Se dopo un lungo trasporto o a causa di un riscaldatore guasto i pesci sono molto raffreddati, l’aumento di temperatura può essere più rapido ma non improvviso. Alcuni pesci vivono in acque la cui temperatura oscilla di molto. Di notte si verificano cali della temperatura di vari gradi. Chi vuole allevare e riprodurre questi pesci in condizioni naturali deve rendersi conto che in nessun caso vanno nutriti di sera. Con l’abbassamento della temperatura la digestione è molto rallentata, sicché nell’intestino permane del cibo non digerito. Ne conseguono infiammazioni intestinali, più tardi infezioni da parassiti dei deboli. Forti aumenti e diminuzioni di temperatura a causa di termostati difettosi si svolgono nel giro di varie ore. I pesci muoiono, però, solo se l’allevatore provvede ad un abbondante cambio di acqua ristabilendo la temperatura normale in pochi minuti. ...segue»

Fonte: libro "Malattie dei pesci d'acquario" del Dott.Dieter Untergasser del 1989 non più in commercio in Italia. MGA©

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