"L'Idropsia in acquario si manifesta con il sollevamento delle squame del pesce colpito."

Dieter Untergasser: Malattie da virus e da batteri. Cap 4.

4.1. Malattie esclusivamente virali
La parola “virus” proviene dal latino e significa muco, succo o veleno. Per molto tempo era la denominazione globale per qualsiasi agente patogeno. Oggi vengono chiamate virus solo quelle particelle patogene talmente piccole da attraversare filtri che, invece, trattengono i batteri. I virus hanno una vita unicamente parassitaria, essendo troppo piccoli per svolgere un proprio metabolismo. Consistono soltanto in un involucro contenente una molecola genetica assai complessa. Quando il virus viene a contatto con una cellula, si fissa alla membrana ed inietta all’interno la sua molecola genetica, la quale interviene sul metabolismo cellulare e costringe la cellula a produrre nuovi virus. Spesso la cellula ne muore. Per via delle minuscole dimensioni, i virus non si possono vedere al microscopio ottico. Quindi se ne può evidenziare la presenza esclusivamente in istituti specializzati e con metodi complessi. Per il resto si riconoscono grazie ai sintomi della malattia che provocano. Probabilmente la più nota malattia ittica provocata da virus è la Linfocisti. Essa compare spesso dapprima sulle pinne, poi però si estende su tutto il corpo. I pesci ne muoiono dopo molto tempo. La Linfocisti si riconosce bene ad occhio nudo, perché il virus stimola le cellule cutanee ad ingigantirsi. Gli agglomerati di cellule, spesso di colore biancastro ricordano un ammasso di piccole uova; tuttavia, possono essere colpite anche solo cellule singole su tutta la superficie del corpo. Sfiorando la pelle, questa si rivela ruvida. Raramente vengono attaccati organi interni. La trasmissione della Linfocisti avviene prevalentemente mediante il contenuto di cellule scoppiate. I pesci colpiti non mostrano disturbi comportamentali. Un trattamento può avere successo se la malattia viene diagnosticata tempestivamente. In tal caso si tagliano dalla pinna le parti interessate, si isola il pesce e gli si offrono condizioni ambientali ottimali. Le lesioni aperte vanno curate come ferite. In caso si attacco massiccio, è più umano uccidere in modo indolore l’animale e distruggerlo. Gli esemplari apparentemente sani devono essere tenuti in osservazione, assoggettandoli ad una quarantena di 60 giorni. Se la malattia insorge frequentemente, i pesci ancora sani vanno posti in quarantena e l’acquario deve essere disinfettato. Anche i tumori alla gola che, talvolta, compaiono nei Black Molly vengono ascritti all’effetto di virus (Schaperclaus 1954). Sono difficili da distinguere dai rigonfiamenti tiroidei. Probabilmente pure altre malattie sono causate da virus. Anche alcune malattie virali osservate nei pesci commestibili compaiono, magari in forma simile o differente, nei pesci d’acquario. Siccome in questo campo sono state effettuate ancora poche ricerche, è possibile che le malattie di cui le cause sono sconosciute siano provocate da virus.
4.2. Idropisia
L’idropisia infettiva è stata studiata intensamente sulle carpe. Certamente non si possono trasferire tutte le nozioni sui pesci d’acquario, però esistono dei parallelismi quando i pesci d’acquario ne sono affetti. L’idropisia viene causata da virus, ma vi sono sempre coinvolti anche dei batteri, cosicché temporaneamente erano questi ad essere considerati la causa primaria. Non è ancora accertato definitivamente se nei pesci d’acquario il quadro clinico sia causato principalmente da virus o se si tratta, in questo caso, di un’infezione puramente batterica. Quasi tutte le specie di pesci possono essere attaccate, ma anche senza ospite i batteri nell’acqua e nel fango sono capaci di sopravvivere per mesi e possono moltiplicarsi. Poiché essi fanno parte della normale flora batterica acquatica, i pesci sani sono in grado di difendersi da soli. Questi sono particolarmente in pericolo soltanto se, per fame,. Alimentazione sbagliata, freddo o trasporto sono sottoposti a stress, oppure nella vasca vigono condizioni igieniche scadenti. Una volta colpito, il pesce espelle grosse quantità di batteri, cosicché questi possono infettare anche gli altri ospiti. Molto spesso la malattia si manifesta con la secrezione di grosse quantità di liquido nella cavità addominale. In molti casi l’addome del pesce appare gonfio, come se stesse per scoppiare. Inoltre, possono comparire aree di pelle distaccata ed ulcere. Sono state osservate anche delle piccole bollicine lungo la linea laterale. I pesci, spesso, stazionano dondolanti sotto la superficie dell’acqua oppure presso il fondo; il riflesso di fuga è assente o molto ridotto. Anche il riflesso degli occhi è indebolito. L’ano spesso è infiammato e di colore rosso, a volte protruso. Compaiono disgregazioni delle pinne. Se nello stadio progredito viene attaccato il rene, le branchie impallidiscono a causa dell’anemia. In genere si osservano pure occhi sporgenti (esoftalmo). Nell’intestino la mucosa si stacca e viene espulsa, in modo che, nella sezione, la parete intestinale appare trasparente e vitrea. Il liquido nella cavità addominale è chiaro e, a volte, di colore giallastro oppure sanguinolento. Può essere di consistenza liquida o gelatinosa. Il rene è infiammato, il fegato giallo o bruno chiaro, le cellule si dissolvono. Talvolta nel preparato per schiacciamento si trovano numerose goccioline lipidiche. Sovente la cistifellea è molto ingrossata, il suo contenuto presenta una colorazione verde scuro. Nel fegato, nella cistifellea, nel rene e nella cavità addominale si trovano numerosi batteri mobili e non mobili. Un trattamento è possibile nello stadio iniziale. I pesci colpiti o sospetti malati vanno immediatamente posti in quarantena e tenuti sotto osservazione. In caso di idropisia dei pesci d’acquario non si ha a che fare con un quadro clinico specifico. Possono comparire alcuni dei sintomi descritti, contemporaneamente o singolarmente. Inoltre è possibile che i pesci smagriscano oppure muoiano senza sintomi esterni. Solitamente i batteri che compaiono sono da attribuire a diversi generi. Di regola, nel liquido della cavità addominale nonché nel fegato, nella milza o nel rene si trovano bastoncelli mobili e non mobili. Gram-negativi, lunghi da 1 a 3 mm. Per la diagnosi è necessaria la colorazione di Ziehl-Neelsen, per poter escludere la tubercolosi. Quindi si colora secondo Gram. Per la cura sono indicati i metodi C 25, A 5, A 6, A 1. Nello stadio iniziale della malattia si può ricorrere al metodo C 22. Si opta per C21 ai fini di un trattamento profilattico dei pesci che vivono nella vasca di soggetti malati. Dopo un caso di idropisia ad andamento epidemico, l’acquario e tutto il suo contenuto vanno disinfettati secondo il metodo D 1, D 3 o D 5. Per la prevenzione, vanno create le migliori condizioni igieniche. Nonostante una cura di successo, i pesci, il cui fegato o rene è molto danneggiato, moriranno comunque dopo un po’ di tempo.
4.3. Foruncolosi
Nei salmonidi la foruncolosi è conosciuta fin dalla fine del secolo scorso. Essa è provocata da batteri del genere Aeromonas, in particolare A. salmonicida. Si formano bubboni ed ulcere di 2-20 mm, contenenti pus. Le pinne si infiammano e si sfilacciano. A volte si vede soltanto una leggera o anche forte opacità delle pinne. Spesso, come manifestazione secondaria, compaiono infezioni fungine. Una seconda forma porta a piccole emorragie su organi interni, pelle, branchie, pinne e muscolatura. La trasmissione degli agenti patogeni avviene mediante assunzione di feci o di cadaveri di pesci infetti, non ché tramite parassiti della pelle. Una trasmissione è possibile anche quando il pus di ulcere aperte entra nell’acqua. Una cattiva qualità dell’acqua favorisce la diffusione della malattia. È consigliabile un’accurata disinfezione dell’acquario. Se dopo un trattamento con esito positivo si avrà una ricaduta dopo poche settimane, la causa può consistere nelle carente condizioni igieniche nella vasca. Gli agenti patogeni sono dei batteri corti a forma di bastoncelli di 1,7-2 mm, Gram-negativi e non mobili. Spesso sono presenti formazioni a coppie o a catena. Il trattamento può essere iniziato con C 25. Se non si instaura un miglioramento si passa ad A 5 o a 1. I pesci che non mostrano alcun sintomo possono essere sottoposti ad un trattamento preventivo con C 21.
4.4. Corrosione delle pinne
La corrosione delle pinne di origine batterica è una malattia diffusa in tutto il mondo, che colpisce prevalentemente i pesci più giovani. Il primo sintomo è un intorbidamento degli orli delle pinne che, infine, diventano bianchi. Il tessuto trai raggi delle pinne si disfa, in modo che le pinne si sfilacciano e marciscono. La base della pinna si infiamma e si colora di rosso. Gli organi interni non vengono colpiti. Dopo l’eliminazione della causa e un trattamento con medicinali, è possibile che le pinne ricrescano. Nei raschiati dei resti delle pinne si vedono grosse quantità di batteri a bastoncello mobili, Gram-negativi. In rari casi le parti danneggiate sono attaccate da funghi. Gli agenti patogeni appartengono ai generi Aeromonas, Pseudomonas e Vibrio. La lunghezza dei batteri Aeromonas è di 1-2,2 mm, in Pseudomonas misura 1-2,5 mm mentre i Vibrio sono lunghi 1,5 mm circa. Per il trattamento si ricorda il metodo C 1, C 21 o C 3. Anche i metodi A 3 o A 1 sono molto efficaci. La corrosione delle pinne di origine batterica compare solo in caso di cattive condizioni di allevamento o come conseguenza di un’altra malattia. Ai fini profilattici si deve ricreare una quantità dell’acqua ottimale. Carenza d’ossigeno, acqua inquinata da feci, valore di pH troppo elevato e metalli pesanti disciolti possono favorire questa malattia. Un trattamento avrà successo soltanto se viene trovata ed eliminata la causa. Nello stadio iniziale solitamente è sufficiente un trasferimento del pesce in acqua pulita perché le pinne ricrescano.
4.5. Vibriosi
Il quadro clinico della vibriosi è noto già da due secoli. Poi, agli inizi del Novecento, si poterono isolare da anguille del mar Baltico e quindi classificare dei batteri della specie Vibrio Anguillarum. Ormai si sa che la vibriosi compare in tutto il mondo prevalentemente in pesci marini e d’acqua salmastra, nonché nei gamberetti. In casi sporadici, l’agente patogeno è stato riscontrato anche in pesci d’acqua dolce. Nei pesci marini la malattia assume spesso solo un decorso latente. Nei pesci delicati, la cui capacità di difesa è indebolita, la malattia può manifestarsi con convulsioni spasmodiche e successiva morte. Non necessariamente sul pesce si nota un sintomo esterno. Spesso compaiono ingrossamento della milza e del rene nonché forti emorragie nella cavità addominale e sulla pelle. Nei pesci resistenti sovente si osservano soltanto emorragie limitate ed infiammazioni intestinali. Sono soggetti a rischio sia pesci tropicali che d’acqua fredda. In tutti gli organi colpiti si riscontrano gli agenti patogeni. Vibrio anguillarum è un batterio Gram-negativo, munito di un flagello ed assai mobile. Le dimensioni della cellula leggermente curva sono di 0,4-0,6 x 1,2-2 mm, il flagello è lungo 4-6 mm. A volte i batteri formano delle catene, sembrano così più lunghi. Di rado nei pesci d’acquario si presenta un’infezione esclusivamente da Vibrio. Soprattutto in caso di decorso lungo della malattia si trovano, a volte, nei vari organi grossi quantità di Pseudomonadi, Aeromonadi e cocchi. Fattori che favoriscono l’insorgere della malattia sono: temperature troppo elevate, vasche sovraffollate, stress, sostanze nocive in acqua e cattiva qualità della stessa. Solitamente un trattamento di successo si ottiene mediante A 5, A 6 oppure A 1.
4.6. Malattia colonnare
Causa della Malattia colonnare, che compare spesso in acquario, è il batterio Flexibacter columnaris. Inizialmente si formano piccole aree biancastre presso la bocca, gli orli delle squame e le pinne, che ampliandosi ricordano un ammuffinamento. I bordi delle pinne iniziano a decomporsi, in modo da scoprire i raggi. Spesso le zone cutanee colpite sono attaccate da fungosi. Anche le branchie possono essere aggredite, le lamelle branchiali si disfano dalle estremità fino agli archi branchiali. Nei pesci giovani le lamelle si incollano a causa dell’eccessivo ingrossamento dell’epitelio branchiale e per via dell’abbondante produzione di muco. Viene così ostacolata l’assunzione di ossigeno e ne consegue una respirazione accelerata (Malattia branchiale batterica, corrosione batterica delle branchie). Per la diagnosi viene effettuata una raschiatura sull’area del corpo colpita. Dalle pinne si può tagliare un minuscolo frammento presso il bordo. Ad un forte ingrandimento si trovano batteri lunghi fino a 8 mm e spessi 0,7 mm, che si muovono strisciando lentamente, ma che sono privi di flagelli. Dopo poco tempo una parte del tessuto si stacca e si raccoglie sotto il vetrino coprioggetto del preparato, mentre molti batteri Columnaris effettuano movimenti oscillatori con l’estremità libera. Inoltre, si agglomerano presso l’orlo delle aree di tessuto infiammate formando masse a colonna o a cumuli. Si distinguono due forme della malattia colonnare. Nella forma a decorso cronico, le parti bianche si ingrandiscono molto lentamente, i pesci muoiono solo dopo molti giorni. Nella forma acuta, le chiazze bianche si espandono visibilmente nel giro di poche ore. Una popolazione ittica di oltre 100 individui muore entro tre giorni. Un trattamento dev’essere effettuato molto rapidamente. Una temperatura elevata dell’acqua accelera il decorso. Punti di attacco per un’infezione di batteri Columnaris sono lesioni cutanee, nonché danni all’epitelio dovuti alla carenza di vitamine. Sono fattori stimolanti una cattiva qualità dell’acqua, un’elevata concentrazione di ammoniaca e un basso contenuto di ossigeno. Un trattamento è possibile, ma a lungo andare si ottiene un successo solamente se sono state create condizioni ottimali di allevamento. Si procede con sistemi diversi, a seconda che si tratti della forma cronica o di quella acuta. La forma cronica può essere trattata seguendo i metodi C 1c od A 1. Siccome in caso di forma acuta non c’è tempo per un tentativo, si ricorre immediatamente al metodo A 2. Con i metodi E 7 ed E 9 i batteri possono essere colorati per evidenziarli nel preparato.
4.7. Tubercolosi dei pesci
Come nell’uomo anche nel pesce la tubercolosi è causata da micobatteri. Essa insorge prevalentemente in caso di stati di debolezza dell’organismo, cattive condizioni di vita e carenza di vitamine. In condizioni ottimali di allevamento la maggior parte delle specie ittiche può respingere un’infezione da batteri tubercolari. Sono particolarmente a rischio di occupanti di acquari riccamente popolati. I micobatteri possono essere presente in forma latente in qualsiasi acquario. Trovano condizioni di vita ideali soprattutto in zone povere di ossigeno, come nel materiale di fondo, nella melma, nei resti di cibo e su pesci morti. Spesso la malattia è a decorso lento e soltanto saltuariamente, nel giro di alcuni mesi, muoiono singoli pesci; in altri casi, invece, la malattia si presenta con andamento epidemico e tutta la popolazione ittica muore entro poche settimane. I sintomi esterni di un’infezione tubercolare sono diversi a seconda della specie e della robustezza individuale anche all’interno della medesima specie. Inoltre, i sintomi descritti di seguito si presentano anche in altre malattie, sicché costituiscono asolo un segnale d’allarme alla cui comparsa la causa dev’essere chiarita mediante dissezione. Sarebbero da citare: rigonfiamento dell’addome per via di un accumulo di liquido della cavità addominale, dimagrimento fino a presentarsi un dorso sottile(“a lama di coltello”), ventre infossato, perdita delle squame e squame sollevate, ulcere cutanee aperte, esoftalmo fino a perdita degli occhi, colonna vertebrale incurvata, colori sbiaditi, nuoto a scatti, strusciamento con il ventre, reazioni e riflessi molto rallentati, pallore, rifiuto del cibo, isolamento e stazionamento negli angoli della vasca. I sintomi citati possono manifestarsi singolarmente oppure possono manifestarsi singolarmente oppure se ne osservano alcuni contemporaneamente. Dopo la dissezione si allestiscono dei preparati per sfilacciatura degli organi. In caso di attacco pesante, esaminando con una lente d’ingrandimento il fegato e la milza si notano dei noduli biancastro-grigi. Questi si formano a causa di reazioni di difesa dell’organismo, poiché esso cerca di isolare dal tessuto sano i focolai batterici circondandoli con un tessuto connettivo. Nell’immagine al microscopio il contenuto della cisti appare di colore giallastro o bruno chiaro uniforme, l’involucro di tessuto connettivo è chiaro, trasparente e incolore. Le cisti si possono confondere facilmente con quelle di Ichthyophonus. Al contrario di queste, le cisti tubercolari non sempre sono rotonde. In un’infezione pronunciata da micobatteri, generalmente nel preparato per schiacciamento si trovano cisti rotonde, allungate e ramificate. Comunque, una confusione con Ichthyophonus non ha effetti rilevanti, poiché entrambe le malattie non permettono alcun trattamento. La distinzione è indubbia mediante colorazione – secondo il metodo E 8, delle cisti schiacciate. Nei preparati si vedono allora dei batteri a bastoncello lunghi 1-5 mm e larghi 0,2-0,6 mm, colorati di rosso. Anche quando sono vivi non sono mobili. Cisti tubercolari spesso si riscontrano anche negli organi di pesci sezionati per altre malattie. La malattia può nuovamente insorgere quando le condizioni ambientali peggiorano oppure i pesci sono sottoposti a stress. In questo caso i micobatteri si diffondono nell’organismo e colpiscono altri organi. Come contromisura si consiglia di creare le migliori condizioni di vita. I pesci sospetti e visibilmente ammalati vanno posti in quarantena. Una volta dimostrata la presenza di tubercolosi, gli esemplari colpiti vanno uccisi e distrutti. Nel caso di insorgenza a carattere epidemico in acquario, vanno distrutti tutti i pesci e si deve disinfettare accuratamente acquario, apparecchiature ed attrezzi seguendo il metodo D 1, D 2 o D 5. ...segue»

Fonte: libro "Malattie dei pesci d'acquario" del Dott.Dieter Untergasser del 1989 non più in commercio in Italia. MGA©

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